mercoledì 29 ottobre 2008
Intervento nel Consiglio di Facoltà del 28/10
La posizione della lista “Sinistra Universitaria” sui tagli all'Università previsti dal Decreto 133/08
Come rappresentanti degli studenti di Sinistra Universitaria, condividiamo le preoccupazioni espresse dal nostro Senato Accademico e dalla CRUI. Mentre gli altri paesi d'Europa aumentano o lasciano invariata la spesa in istruzione e ricerca, il nostro Governo decide di tagliare bruscamente le risorse più importanti per ogni paese occidentale.
Ci preme di sottolineare come le proteste attualmente in corso, a differenza di quelle alle quali i decenni passati ci hanno abituato a pensare, siano trasversali agli schieramenti politici degli studenti. In questi giorni, molti dei nostri colleghi, esterni a movimenti e partiti politici e dall'orientamento politico più diverso, si rivolgono a noi per informarsi sulle forme nelle quali potrebbero dare il loro contributo alle iniziative di dissenso contro i tagli previsti dal Decreto 133.
Nel nostro Ateneo finora le proteste sono state perlopiù costruttive e pacifiche, anche se, purtroppo, è impossibile liberarsi dei soliti gruppi settari e anti-democratici che si rendono protagonisti di atti vandalici o violenti rischiando di far dimenticare le buone ragioni della maggioranza degli studenti coinvolti nelle iniziative.
In quanto rappresentanti eletti per mantenere aperto il dialogo e la collaborazione tra docenti, ricercatori, dottorandi e studenti, ci sembra doveroso, in un momento in cui l'Università versa in condizioni di emergenza, lavorare all'unità di tutte le componenti accademiche. Per questo proponiamo ai docenti diverse attività in cui declinare questa collaborazione. Invitiamo chi lo ritenesse utile a:
1-Informare dettagliatamente i propri studenti sui tagli che l'Università pubblica sta per subire.
2-Tenere lezioni all'esterno dell'Università, in particolare nelle piazze di Milano.
3-Partecipare alla conferenza interuniversitaria del 4 novembre, in cui alcuni docenti degli Atenei milanesi discuteranno il profilo che una reale riforma dell'Università dovrebbe avere.
4-Partecipare a riunioni aperte a docenti, ricercatori dottorandi e studenti in cui ci si confronti sulle iniziative più adatte a scongiurare i rischi che incombono sulla nostra Università.
Crediamo che mai come in questo momento l'Università debba recuperare un senso di coesione ed unità. Siamo consapevoli dei rischi gravissimi ai quali una divisione tra le diverse componenti accademiche potrebbe portare. Per questo, continueremo ad adoperarci per valorizzare al meglio il canale della rappresentanza e per dare al nostro Ateneo una voce forte e comune che possa essere d'aiuto al futuro dell'Università.
Come rappresentanti degli studenti di Sinistra Universitaria, condividiamo le preoccupazioni espresse dal nostro Senato Accademico e dalla CRUI. Mentre gli altri paesi d'Europa aumentano o lasciano invariata la spesa in istruzione e ricerca, il nostro Governo decide di tagliare bruscamente le risorse più importanti per ogni paese occidentale.
Ci preme di sottolineare come le proteste attualmente in corso, a differenza di quelle alle quali i decenni passati ci hanno abituato a pensare, siano trasversali agli schieramenti politici degli studenti. In questi giorni, molti dei nostri colleghi, esterni a movimenti e partiti politici e dall'orientamento politico più diverso, si rivolgono a noi per informarsi sulle forme nelle quali potrebbero dare il loro contributo alle iniziative di dissenso contro i tagli previsti dal Decreto 133.
Nel nostro Ateneo finora le proteste sono state perlopiù costruttive e pacifiche, anche se, purtroppo, è impossibile liberarsi dei soliti gruppi settari e anti-democratici che si rendono protagonisti di atti vandalici o violenti rischiando di far dimenticare le buone ragioni della maggioranza degli studenti coinvolti nelle iniziative.
In quanto rappresentanti eletti per mantenere aperto il dialogo e la collaborazione tra docenti, ricercatori, dottorandi e studenti, ci sembra doveroso, in un momento in cui l'Università versa in condizioni di emergenza, lavorare all'unità di tutte le componenti accademiche. Per questo proponiamo ai docenti diverse attività in cui declinare questa collaborazione. Invitiamo chi lo ritenesse utile a:
1-Informare dettagliatamente i propri studenti sui tagli che l'Università pubblica sta per subire.
2-Tenere lezioni all'esterno dell'Università, in particolare nelle piazze di Milano.
3-Partecipare alla conferenza interuniversitaria del 4 novembre, in cui alcuni docenti degli Atenei milanesi discuteranno il profilo che una reale riforma dell'Università dovrebbe avere.
4-Partecipare a riunioni aperte a docenti, ricercatori dottorandi e studenti in cui ci si confronti sulle iniziative più adatte a scongiurare i rischi che incombono sulla nostra Università.
Crediamo che mai come in questo momento l'Università debba recuperare un senso di coesione ed unità. Siamo consapevoli dei rischi gravissimi ai quali una divisione tra le diverse componenti accademiche potrebbe portare. Per questo, continueremo ad adoperarci per valorizzare al meglio il canale della rappresentanza e per dare al nostro Ateneo una voce forte e comune che possa essere d'aiuto al futuro dell'Università.
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Iniziative e campagne
Danneggiata la nostra bacheca di via Noto
Un gruppo di studenti, che si è identificato con il nome di "Assemblea di Via Noto", oggi ha deliberatamente smontato la bacheca di Sinistra Universitaria in via Noto, strappando sia i fogli affissi dai rappresentanti di Scienze umanistiche per la comunicazione e Scienze dei beni culturali, sia la stessa copertura della bacheca, e vi ha sostituito un suo striscione.
Con tale azione, esattamente nel giorno in cui il nostro Consiglio di Facoltà approvava con partecipazione l'intervento dei rappresentanti di Sinistra Universitaria (a breve verranno pubblicati i resoconti), alcuni gruppi gravitanti attorno al movimento di collettivi di protesta "Università in lotta" hanno dato prova del loro senso civico proprio contro la rappresentanza democraticamente eletta, il cui ruolo è essenziale in una fase così delicata da richiedere l'unità, e non la spaccatura del nostro sistema universitario, tanto invocata da certi slogan ad effetto pitturati sugli striscioni esposti.
Rifiutando il ruolo delle istituzioni e il dialogo con esse forse attireranno consensi, ma rischiano di compromettere, con facili strumentalizzazioni, il delicato lavoro dei rappresentanti negli organi istituzionali d'elezione: gli unici organi, è bene ricordarlo, in grado di poter incidere concretamente nella salvezza del sistema universitario.
Questa azione di forza compiuta in via Noto fa inevitabilmente da contrappunto al più generale clima di astio che la rappresentanza riceve nelle assemblee coordinate dal gruppo "Università in lotta": i nostri interventi vengono puntualmente relegati ai margini dei dibattiti, impegnati perlopiù su un'organizzazione sovietica e nostalgica dei lavori, del tutto avulsi da un prospettiva di incidenza concreta sugli organi accademici, e assai poco propensi al riconoscimento democratico del ricco e vivace pluralismo esistente in Facoltà.
Consci della minore "urlabilità" del nostro lavoro istituzionale, ma anche del nostro senso di responsabilità che ci impone di unire, e non spaccare la Facoltà, pubblicheremo quanto prima su questo blog e sulle bacheche di via Festa del Perdono, piazza Sant'Alessandro e via Noto un report del C.d.F. di quest'oggi, sintetizzando i contenuti e le posizioni degli interventi delle rappresentanze, le reazioni dei docenti, i risultati ottenuti.
venerdì 17 ottobre 2008
Agli antipodi della nostra formazione umanistica
comunicato in merito agli effetti della legge 133/2008
a cura dei rappresentanti di Sinistra Universitaria nel C.d.F. di Lettere e Filosofia
Quasi con contrizione, sappiamo che la società civile non ci riconosce più come credibili attori della ricerca e del dibattito, preferendo l’obiettività granitica di una pervasiva classe giuristica, medica e ingegneristica. Soffriamo di un’inguaribile senilità, anagrafica e intellettuale. La carenza di prospettive lavorative, per noi studenti umanisti, è ormai proverbiale quanto le barzellette sui carabinieri. I pochi finanziamenti concessi alla nostra ricerca, così formativa ma altrettanto intangibile e nobile, sono una realtà con cui facciamo di anno in anno i conti. Dunque, per noi, la batosta che arriverà dalla sciagurata legge «Gelmini» suona, più che come un drastico taglio, come una beffarda e crudele missione punitiva contro un’ambulanza sgangherata in una periferia già desolata.
Già l’abolizione delle SILSIS aveva sbarrato uno sbocco naturale per molti dei nostri studi. Sei mesi di governo, 133 anni di danni: la riduzione progressiva del Fondo per le Università, unita al blocco del turn over per le assunzioni, genera una miscela esplosiva in grado di gettare un sudario sulla didattica e sulla ricerca umanistica. La biblioteca di Filosofia è costretta a chiudere il mercoledì mattina; molti salti mortali dei direttori delle biblioteche, dalla SA.FM a Lingue, sono a rischio di vanificazione, in una Facoltà che vive e pulsa intorno al suo sistema bibliotecario; borse di studio e di dottorato (calate, rispetto all’anno scorso, da 27 a 22), affidamenti, laboratori, mete Erasmus e persino stipendi di ricercatori e docenti a serio pericolo di ridimensionamento per l’impossibilità di chiudere i bilanci.
Un patrimonio di studenti in crescita, una varietà e novità nei nostri indirizzi di studio, docenti, in non pochi settori, tra i migliori in Europa: tutto ciò rischia di essere esportato o buttato a mare. Un sano revisionismo sui libri di storia, una buona dose di razzismo distribuito e giustificato, un mercato editoriale e mediatico pressoché monopolistico, un veto ipocrita e clericale di fronte a qualsiasi espressione artistica provocatoria e innovativa, uno spirito di ricerca e approfondimento vivace solo se veicolato da Mediaset o se rivelato da Ratzinger: gli ingredienti della politica culturale di questo governo di destra sono agli antipodi di qualsiasi coscienza critica umanistica. Amica di Formigoni e della Moratti, special guest al meeting di Rimini, la Gelmini certo non può essere bersaglio critico dei rappresentanti di Comunione e Liberazione, alias Obiettivo Studenti, fermi da tempo in un taciturno antitremontismo: prima regoliamo i conti in Forza Italia, poi pensiamo a salvare l’Università. Beata ignoranza!
Complice un’informazione figlia del nostro declino, ampio risalto hanno assunto proteste forzate, quali solo elementi esterni alla nostra Facoltà sono in grado di proporre. Non abbiamo nel nostro corpo docente un avversario ideologico contro cui inscenare colorite occupazioni, ma piuttosto una variegata realtà con cui istituire un dialogo nel merito, a partire dalle lezioni, sedi privilegiate del confronto. D’altro canto, in forte ritardo e in maniera piuttosto moderata, il nostro Senato Accademico ha levato una protesta approvando una mozione contro la legge «Gelmini». Il Consiglio della nostra Facoltà si appresta a sottoscrivere questa mozione: coscienti dei suoi limiti, noi la sosterremo con senso di responsabilità, a condizione che ciò produca momenti di confronto e protesta comune tra docenti e discenti, sia pure necessitanti costruttive sospensioni dell’ordinaria attività didattica.
Pochi avrebbero immaginato, a quarant’anni dal 1968, che sarebbe stata necessaria una nuova mobilitazione per l’Università e per il Paese, irrimediabilmente in declino senza una solida prospettiva di ricerca. Oggi, questa lotta, ci tocca di nuovo e ci investe, quasi a invitarci a celebrare, a denti stretti, questo quarantennale: come studenti, per una Facoltà pubblica e laica, non privatistica e televisiva perché affamata e ridotta agli stenti; come umanisti, perché a chi vuole scipparci il rilievo che ci rimane nel dibattito civile e culturale, sapremo opporci con armi ben più raffinate di quei quattrini in meno con cui credono di metterci nell’angolo.
a cura dei rappresentanti di Sinistra Universitaria nel C.d.F. di Lettere e Filosofia
Quasi con contrizione, sappiamo che la società civile non ci riconosce più come credibili attori della ricerca e del dibattito, preferendo l’obiettività granitica di una pervasiva classe giuristica, medica e ingegneristica. Soffriamo di un’inguaribile senilità, anagrafica e intellettuale. La carenza di prospettive lavorative, per noi studenti umanisti, è ormai proverbiale quanto le barzellette sui carabinieri. I pochi finanziamenti concessi alla nostra ricerca, così formativa ma altrettanto intangibile e nobile, sono una realtà con cui facciamo di anno in anno i conti. Dunque, per noi, la batosta che arriverà dalla sciagurata legge «Gelmini» suona, più che come un drastico taglio, come una beffarda e crudele missione punitiva contro un’ambulanza sgangherata in una periferia già desolata.
Già l’abolizione delle SILSIS aveva sbarrato uno sbocco naturale per molti dei nostri studi. Sei mesi di governo, 133 anni di danni: la riduzione progressiva del Fondo per le Università, unita al blocco del turn over per le assunzioni, genera una miscela esplosiva in grado di gettare un sudario sulla didattica e sulla ricerca umanistica. La biblioteca di Filosofia è costretta a chiudere il mercoledì mattina; molti salti mortali dei direttori delle biblioteche, dalla SA.FM a Lingue, sono a rischio di vanificazione, in una Facoltà che vive e pulsa intorno al suo sistema bibliotecario; borse di studio e di dottorato (calate, rispetto all’anno scorso, da 27 a 22), affidamenti, laboratori, mete Erasmus e persino stipendi di ricercatori e docenti a serio pericolo di ridimensionamento per l’impossibilità di chiudere i bilanci.
Un patrimonio di studenti in crescita, una varietà e novità nei nostri indirizzi di studio, docenti, in non pochi settori, tra i migliori in Europa: tutto ciò rischia di essere esportato o buttato a mare. Un sano revisionismo sui libri di storia, una buona dose di razzismo distribuito e giustificato, un mercato editoriale e mediatico pressoché monopolistico, un veto ipocrita e clericale di fronte a qualsiasi espressione artistica provocatoria e innovativa, uno spirito di ricerca e approfondimento vivace solo se veicolato da Mediaset o se rivelato da Ratzinger: gli ingredienti della politica culturale di questo governo di destra sono agli antipodi di qualsiasi coscienza critica umanistica. Amica di Formigoni e della Moratti, special guest al meeting di Rimini, la Gelmini certo non può essere bersaglio critico dei rappresentanti di Comunione e Liberazione, alias Obiettivo Studenti, fermi da tempo in un taciturno antitremontismo: prima regoliamo i conti in Forza Italia, poi pensiamo a salvare l’Università. Beata ignoranza!
Complice un’informazione figlia del nostro declino, ampio risalto hanno assunto proteste forzate, quali solo elementi esterni alla nostra Facoltà sono in grado di proporre. Non abbiamo nel nostro corpo docente un avversario ideologico contro cui inscenare colorite occupazioni, ma piuttosto una variegata realtà con cui istituire un dialogo nel merito, a partire dalle lezioni, sedi privilegiate del confronto. D’altro canto, in forte ritardo e in maniera piuttosto moderata, il nostro Senato Accademico ha levato una protesta approvando una mozione contro la legge «Gelmini». Il Consiglio della nostra Facoltà si appresta a sottoscrivere questa mozione: coscienti dei suoi limiti, noi la sosterremo con senso di responsabilità, a condizione che ciò produca momenti di confronto e protesta comune tra docenti e discenti, sia pure necessitanti costruttive sospensioni dell’ordinaria attività didattica.
Pochi avrebbero immaginato, a quarant’anni dal 1968, che sarebbe stata necessaria una nuova mobilitazione per l’Università e per il Paese, irrimediabilmente in declino senza una solida prospettiva di ricerca. Oggi, questa lotta, ci tocca di nuovo e ci investe, quasi a invitarci a celebrare, a denti stretti, questo quarantennale: come studenti, per una Facoltà pubblica e laica, non privatistica e televisiva perché affamata e ridotta agli stenti; come umanisti, perché a chi vuole scipparci il rilievo che ci rimane nel dibattito civile e culturale, sapremo opporci con armi ben più raffinate di quei quattrini in meno con cui credono di metterci nell’angolo.
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