Quella di oggi sarà una giornata convulsa. Al Senato, blindato e presidiato dalle forze dell'ordine, lontanissimo dal resto del Paese, il DDL Gelmini riceverà l'ok definitivo: non ci saranno altri passaggi parlamentari, questa "riforma" impotente e distruttiva al tempo stesso sarà varata senza altri appelli. Gli studenti nelle strade gelide di Roma e di tutta Italia continueranno a sfilare con i cartelli che citano la Costituzione, e lo faranno con la consapevolezza nuova di aver trovato un interlocutore nella persona del Presidente della Repubblica. Il gesto di Napolitano non è simbolico, è una stoccata al Governo che per due anni ha fatto finta che non stesse succedendo niente, che la "maggioranza silenziosa" fosse quella su cui appoggiare il proprio intento legislativo e in cui trovare consenso. Però anche i sondaggi, quei sondaggi che in Italia dettano l'agenda politica, fotografano un Paese contrario alla distruzione dell'università pubblica, e il Presidente Napolitano ha permesso a una delegazione di studenti di salire al Quirinale a presentare le proprie istanze. Un primo passo, poi seguirà una lettera dalle delegazioni di studenti alla Presidenza della Repubblica.
Ma il Presidente Napolitano non sarà solo un interlocutore: la prova di forza della maggioranza non ha tenuto conto di un vizio di forma presente nel testo del DDL, ovvero due articoli che si contraddicono l'uno con l'altro. Il nervosismo è palpabile, la vicepresidente del Senato Rosi Mauro (Lega Nord) lo ha dimostrato in diretta televisiva: Napolitano ha fatto pervenire alla presidenza del Senato le sue remore a firmare un DDL varato con vizio di forma, ma la maggioranza sa che un ritorno del testo alla Camera per la correzione dell'errore significherebbe sottoporre il testo alla raffica di emendamenti dell'opposizione (molto più forte che in Senato).
Quella di oggi sarà una lunga giornata e segnerà, probabilmente, un ulteriore distacco tra le istituzioni e il Paese reale. Un distacco che il Presidente Napolitano ha cercato di colmare ma che il ministro Gelmini sembra quasi voler ampliare con le proprie dichiarazioni. Sono due anni che "non capisce" i motivi della protesta, sono due anni che parla di "lotta contro parentopoli e baronie", sono due anni che i suoi slogan vuoti vengono puntualmente smontati. Si è cercato di ribaltare la percezione della protesta, facendo passare per baroni i ricercatori che prendono 1200 euro al mese e non, ad esempio, i rettori che verranno rafforzati nelle loro prerogative grazie alla riforma (non a caso l'unica istituzione che approva il DDL è la CRUI, la Conferenza dei Rettori).
Da domani ricomincerà la battaglia di tutti gli studenti italiani per una università pubblica, laica e democratica.
giovedì 23 dicembre 2010
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
0 commenti:
Posta un commento