“L’espressione «ricerca», in sé costitutiva del genere umano e di ogni individuo pensante, ha assunto col tempo uno strano slittamento semantico: se è vero che una parola conduce nella nostra mente un’immediata immagine figurativa di ciò cui essa rimanda nella realtà, alla parola «ricerca» il collegamento più immediato vuole oggi che ci balenino tra le idee sagome di matracci, alambicchi, provette, microscopi, camici bianchi. Il sapere umanistico sembra insomma, nell’immaginario collettivo, estraneo ai principi, agli sforzi, anche alle impossibilità che il mondo della ricerca quotidianamente affronta: difficile, insomma, la cognizione di un libro, di un testo, di un pensiero o di un’opera d’arte come oggetto di ricerca.”
Quali sono le cause di questo stato di cose?
Senza la pretesa dell’esaustività, richiamiamoci di nuovo a quell’immagine immediata che il senso comune associa alle parole. Se ci chiediamo chi sia il ricercatore scientifico abbiamo un’immagine molto precisa: un esperto, specializzato in un preciso ambito che lavora in un team di persone con un progetto comune.
Se invece chiedessimo, con uno sforzo di immaginazione, alla nostra mente di immaginare un ricercatore in campo umanistico, molto probabilmente si materializzerebbe davanti a noi un saggio solitario che spulcia voluminosi tomi in qualche oscura biblioteca.
Forse già in questa intuitiva antinomia abbiamo molto della soluzione del problema. Tanta parte della nostra tradizione ha posto l’accento sull’eccezionalità e sulla specificità individuale del cammino del letterato, del filosofo, dell’artista e sull’isolamento e l’incomprensione con il resto del mondo che ne deriva.
L’eburnea turris rimane un’alternativa ben presente nel mondo ideale di ogni umanista.
Noi crediamo tuttavia che, come ogni Aventino, sia una scelta inutile e controproducente. Un’immensa mole di idee, pensieri, pubblicazioni prodotte con impegno e intelligenza da studenti (ma anche ad altri livelli di ricerca universitaria) giace a impolverarsi in reali o metaforici magazzini. Solo il confronto, la pubblicità di questi risultati permetterebbe di separare il grano dal loglio e a impedire quell’eterno ritorno che sembra essere il destino immutabile in cui è inscritta la cultura umanistica. In questo imparare dalla scienza sarebbe senz’altro fruttuoso.
Se però la ricerca umanistica dovesse limitarsi a importare fini e metodi da altri Stati del sapere, a giocare su un terreno che non è il suo, con regole scritte da altri, sarebbe ovviamente destinata alla sconfitta.
Ci sono, al contrario, carte insostituibili che la tradizione letterario-filosofica può giocare. Ad esempio, potrebbe ricordare, con la memoria e l’attenzione alla parola che la caratterizza, il significato del nome “università”: totalità, interezza. Una totalità che riguardava, nella sua concezione originaria, le persone e le idee. Le persone, pur nella necessaria differenza di ruoli, erano infatti unite dal comune interesse per una disciplina e, più in generale per il sapere tutto. Le idee facevano invece riferimento a una concezione unitaria del sapere, di cui l’Università era la manifestazione visibile.
L’“università” in questo duplice senso è ciò che si è perso oggi.
L’enorme aumento degli studenti, le riforme universitarie modellate su necessità estranee alla nostra facoltà, l’analogia “commerciale” che si sta lentamente impadronendo del sistema dell’istruzione hanno lentamente disgregato quella “repubblica delle lettere” che forse in passato l’Università è stata.
Siamo tuttavia convinti che solo da un tentativo di inversione di questo processo gli studi umanistici possano recuperare vitalità. Per questo vorremmo realizzare una pubblicazione (già finanziata dall’Università) che raccolga contributi e studi frutto di ricerche degli studenti, nate nell’ambito del lavoro di tesi o sulla scorta dell’interesse personale. Abbiamo il desiderio e l’ambizione di raccogliere articoli che possano definirsi scientifici e che possano interessare anche docenti e ricercatori della nostra Università.
Gli articoli possono riguardare qualunque argomento, purché supportato da un precedente lavoro di approfondimento condotto con serietà. La redazione attribuirà agli studi selezionati un taglio unitario, in virtù di una concezione armonica del sapere umanistico, così come declinato nei settori d’interesse della Facoltà di Lettere e Filosofia: critico-letterario e linguistico-filologico classico e moderno, italiano e straniero, filosofico, storico, storico-artistico, teatrologico e dello spettacolo, musicologico, geografico, della comunicazione
Gli articoli non devono essere più lunghi di 5 (cinque) pagine di Word carattere Times New Roman
I testi devono essere inviati entro il 30 aprile 2008 all’indirizzo di posta su.letterefilosofia@gmail.com indicando nome, cognome e posizione accademica dell’autore (studente, laureato, dottorando ecc.)
Verranno selezionati circa 10 articoli. La pubblicazione che ne risulterà sarà stampata in 1000 copie, distribuita in Università e ampiamente pubblicizzata.
Gli autori, per il fatto stesso di partecipare al concorso, cedono il diritto di pubblicazione all'interno dell’opera a stampa sopracitata senza aver nulla a pretendere come diritto d'autore. I diritti rimangono comunque di proprietà dei singoli Autori.
Il trattamento dei dati, di cui garantiamo la massima riservatezza, è effettuato esclusivamente ai fini inerenti il concorso. I dati dei partecipanti non verranno comunicati o diffusi a terzi a qualsiasi titolo e potranno richiederne gratuitamente la cancellazione o la modifica scrivendo a su.letterefilosofia@gmail.com.
1 commenti:
Interesting to know.
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