Se fossimo in un Paese dove le cose vengono raccontate per quelle che sono, dire che al Nord le mafie esistono sarebbe una banalità. Eppure ancora oggi non tutti sembrano essere d'accordo, mentre qui in Lombardia pascolano quasi indisturbati omuncoli che ci ostiniamo a chiamare "uomini d'onore". Dagli anni '50-'60 fino ad oggi hanno fatto molta strada, passando dai sequestri di persona al traffico di droga, arrivando ad assumere ruoli nell’imprenditoria nei settori dell'edilizia e del movimento terra: tanti affari e pochi ostacoli lungo il cammino.
"Milano è la vera capitale della 'ndrangheta",disse un po' di anni fa il magistrato Vincenzo Macrì. E se qualcuno dà la colpa ai "terroni" venuti dal Sud, è forse venuta l'ora di raccontare di una imprenditoria autoctona e “lombardissima” che scende a patti con le cosche per paura o, meglio, per puro interesse economico. Bisognerebbe anche raccontare della permeabilità della politica all'ombra del “milanesissimo” Pirellone, una politica che sembra troppo spesso inadeguata nello schierarsi decisamente contro le mafie, optando per la minimizzazione del problema.
E’ arrivato il momento per parlare di una criminalità organizzata che allunga i tentacoli sugli appalti Expo, o di una Sanità lombarda nelle mani poco raccomandabili di “amici” dei boss, o ancora di cene elettorali quantomeno inopportune. Infine dovremmo accorgerci che "la montagna di merda" è davvero a 100 passi da casa nostra e la geografia delle inchieste giudiziarie ridisegna le nostre città: Buccinasco, Bollate, Desio, Busto Arsizio, Pavia, Legnano, Cesano Boscone...
Questo è il momento di scegliere da che parte stare, senza tentennamenti. Dalla parte di chi rispetta le regole o dalla parte di chi le regole le distrugge. Scegliere la legalità costituzionale per scoprire la bellezza delle responsabilità, della solidarietà e dell'impegno civile, contro un'insopportabile indifferenza che dovremmo iniziare a chiamare con il giusto nome: collusione culturale.
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