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giovedì 19 agosto 2010

Nessuna università italiana tra le migliori 100 del mondo: Statale Milano 136


ARTICOLO TRATTO DAL QUOTIDIANO "Il Messaggero" del 14 Agosto 2010

di Alessandra Migliozzi

Tra le cento università migliori al mondo nella ricerca non ce n’è neppure una italiana. Almeno secondo quanto rivela l’annuale classifica stilata dall’ateneo Jiao Tong di Shanghai (l’Academic ranking of world universities, Arwu) che sarà diffusa ufficialmente a ore ma che è già stata anticipata ai media.


Tra le cinquecento realtà al top per incontrarne una del Belpaese bisogna superare la numero cento: la Statale di Milano, Pisa e la Sapienza di Roma si collocano tutte e tre fra la 101esima e la 150esima posizione. Tra la 151esima e la 200esima c’è Padova. Fra il posto 201 e il 300 figurano il Politecnico di Milano, Bologna, Firenze, Torino. La Normale di Pisa, l’ateneo di Genova, quello di Napoli Federico II, Palermo e un’altra romana, Tor Vergata, sono tra la posizione 301 e la 400.

Ancora più giù, verso la coda del ranking cinese, tra i posti 401 e 500 ci sono l’università del Sacro Cuore, il Politecnico di Torino, l’università di Bari, quella di Ferrara, Milano-Bicocca, Parma, Pavia, Perugia e Siena. A conti fatti, comunque, l’Italia piazza nella nota classifica ben ventidue atenei, quanto la Francia. Più di qualcuno, come il Politecnico di Torino, le università di Bari, Parma, Perugia, è in risalita. Anche se il vero salto verso l’alto lo fa Tor Vergata, che passa dalla fascia tra la posizione 402 e 501 del 2009 a quella fra il posto 300 e 400. Una scalata. Ferrara scende. Le prime tre università restano sostanzialmente stabili come posizione a livello mondiale e europeo.

In testa alla classifica cinese c’è il trio di colossi americani formato da Harvard (che primeggia da otto anni), Berkeley e Stanford, che si classificano nella stessa sequenza anche a livello nazionale. Il podio presenta comunque una piccola novità: Berkeley sorpassa Stanford.

Ma come vengono selezionate e misurate le università? Sono prese in considerazione tutte quelle che hanno, tra i loro ex alunni o tra i ricercatori, un premio Nobel, una medaglia Fields (il massimo riconoscimento per la matematica), quelle che producono il maggior numero di pubblicazioni scientifiche su riviste accreditate come Nature o Science o le cui ricerche sono molto citate a livello internazionale. Ogni fattore incide per una certa percentuale sullo score (il punteggio) finale.

L’aspetto umanistico non è tenuto in considerazione, la ricerca è il criterio prevalente. «E si tiene poco conto, ad esempio, anche della qualità della didattica- commenta Luigi Frati, rettore della Sapienza, che negli anni è scivolata verso il basso, dalla posizione 97 del 2005 a quella attuale-. Tenuto conto, comunque, della situazione drammatica che hanno vissuto quest’anno gli atenei italiani dal punto di vista dei fondi, il fatto che le università migliori abbiano tenuto la loro posizione è positivo. Comunque la classifica di Shanghai - continua Frati - è fortemente basata sul sistema di valutazione americano, anche per questo le università statunitensi escono sempre in posizioni molto alte».

L’Europa, invece, ne esce sempre malridotta. Tra i primi dieci atenei figurano solo le arci-famose Cambridge e Oxford. Per uscire dal Regno Unito bisogna fare un salto fino alla posizione 23, dove c’è l’Istituto di tecnologia di Zurigo. La classifica viene stilata dal 2003 e da allora si porta dietro un coro di polemiche, soprattutto per i criteri scelti per classificare le università. Tra i più critici, in Europa, ci sono i francesi che sono andati anche in trasferta in Cina per fare le loro rimostranze. Ma è servito a poco: solo tre università si sono piazzate fra le prime cento, due perdono anche posizioni. Per rispondere all’attacco cinese l’Unione europea, che ha più volte criticato la classifica, conta di predisporre, entro il prossimo anno, un proprio ranking delle università migliori.

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