ARTICOLO 34 della Costituzione

[...] I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi [...]

venerdì 30 novembre 2007

Una questione di apertura

Siete mai stati in Università fino a tardi la sera? C’è un momento, poco dopo il crepuscolo, nel quale passeggiare per il Grande Cortile del Filarete è un’esperienza speciale. Il rumore dei passi che risuonano nelle volte, il prato centrale con il faggio e il bagolaro immersi nella penombra… a quell’ora la composta misura che quel luogo emana è invasa da un senso di calmo mistero.
Oppure, sempre sul tardi, se si ha la fortuna di trovarsi da soli nel chiostro di storia, si può scordare di essere nel centro della più caotica metropoli italiana e ascoltare il silenzio. E si può immaginare, sentire per un attimo di essere in un luogo che generazioni di studenti hanno calpestato, dove hanno studiato, discusso, vissuto. E si può avere la fuggevole sensazione –forse l’illusione- di essere qui non solo per una vana raccolta di crediti-punti, ma di fare la propria piccola parte in quel qualcosa di più grande di noi che chiamiamo cultura…
Abbiamo la fortuna di poter studiare in uno dei luoghi più belli di Milano.Colpisce, in tempi come i nostri, la lungimiranza delle autorità che nel primo dopoguerra scelsero di destinare allo studio e alla ricerca “un edificio di alto decoro storico e formale, che ne sarebbe rimasto il simbolo per tutti gli anni a venire” (come recita la sezione storica del sito Unimi.it).
Non possiamo, nostro malgrado, dire che altrettanta lungimiranza presieda alle attuali scelte politiche e amministrative in materia di istruzione. Senza cadere nella retorica, è palese che si va affermando un modello universitario improntato ad una mal compresa idea di efficienza. Efficienza che viene interpretata in senso solo quantitativo: più studenti, più esami, più laureati. Nonostante l’ottimo livello dell’insegnamento, c’è un totale disinteresse verso l’esperienza extradidattica dello studente. Rientrano in questo ambito problemi quali gli alloggi, le aule studio, i servizi. Ciò che si trascura è che solo se uno studente ha gli strumenti per vivere bene -nel senso più ampio del termine- potrà essere eccellente. Anche in termini di numero di esami…Lo stesso concetto di campus di matrice anglosassone –matrice alla quale solo apparentemente si ispira l’Università italiana- è quello di un luogo in cui lo studente si trova costantemente immerso in ciò che sta studiando e viene sollevato da qualsiasi preoccupazione estranea a quelle culturali.

Come spesso accade, è nei dettagli a prima vista trascurabili, che si possono identificare tendenze generali. Un esempio. Ben pochi studenti sanno quanti chiostri ci sono in Via Festa del Perdono. Ebbene, la risposta giusta è sette.
Di questi quanti son aperti? Due.
E’ sempre stato così? No. Negli ultimi anni è stata consapevolmente perseguita una strategia che ha portato a chiudere uno ad uno i chiostri con pretesti di restauro e pulizia. In realtà il Cortile Farmacia è in “ristrutturazione” da circa 5 anni (i lavori non sono mai iniziati).
L’ultimo capitolo di questa vicenda lo abbiamo sotto gli occhi, quando passiamo davanti alla biblioteca di Filosofia. Il restauro del Cortile Ghiacciaia è concluso da diversi mesi ormai e non vi è la volontà di riaprirlo.
I chiostri sono l’agone dove, emblematicamente, si scatena lo scontro tra due opposte concezioni di università. Secondo la prima stare nei chiostri è una perdita di tempo e un costo, che toglie tempo allo studio e pone oneri di sicurezza e di pulizia (comunque irrisori rispetto al Bilancio d’Ateneo).
Secondo la seconda i chiostri sono un luogo (gratuito) dove dibattere, rilassarsi, pensare e una bellezza non da contemplare ma da vivere.
Quale punto di vista scegliere? E’ una questione di apertura…

(a cura di Giacomo Bottos)

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